Parashat Tetzave – Un vero leader sa quando farsi da parte

03/03/2023 0 Di Redazione

Per la prima e unica volta dalla sua introduzione, il nome di Moshe viene omesso da un’intera Parashà. Perché questa omissione in Parashat Tetzave e l’uso della locuzione “E tu [Moshe] comanderai ai figli d’Israele…”? Un’affascinante e nota tradizione midrashica collega l’omissione del nome di Moshe in Parashat Tetzave a un drammatico incontro tra Moshe e D-o, raccontato nella Parashà di Ki Tisa. All’indomani del peccato del vitello d’oro, Moshe sale sul Monte Sinai dove dichiara a D-o: “Ti supplico! Questo popolo ha commesso un grave peccato e si è creato un dio d’oro. E ora, se perdonerai il loro peccato – e se no, cancellami dal Tuo libro!” D-o risponde: “Chiunque abbia peccato contro di Me, lo lo cancellerò dal Mio libro…” I Chachamim si chiedono quale sia il “libro” al quale si riferisce Moshe. Il Talmud sostiene che Moshe qui si riferisce ai libri del giudizio che vengono aperti a Rosh haShana quando D-o determina il destino delle Sue creazioni.

Moshe sembra dire: Se Tu non perdonerai gli ebrei cancellami dai libri celesti del giudizio, affinché io possa morire… Altri Chachamim sostengono che Moshe chieda di essere cancellato dall’intero testo della Torà. La risposta di D-o rende chiaro che Egli non ha alcuna intenzione di cancellare Moshe dal “Suo libro”. Emerge però un problema: C’è un principio per cui le parole dei giusti sono così significative che “la maledizione di un saggio, anche quando dichiarata condizionatamente (e anche quando la clausola condizionale non viene soddisfatta), non è mai completamente abrogata”. D-o quindi non può ignorare quella dichiarazione ed omette deliberatamente il nome di Moshe dall’intera Parshà di Tetzave.

Questo approccio midrashico non riesce a rispondere al motivo per il quale l’omissione del nome di Moshe avvenga in questa Parashà.
Uno sguardo più attento al dialogo tra D-o e Moshe in Parshat Ki Tissa rivela una possibile risposta. I Chachamim notano una forte connessione tra quell’incontro e il tema di Parashat Tetzave. Durante i momenti turbolenti che seguirono il peccato del vitello d’oro, Moshe commette apparentemente un errore fondamentale nella sua valutazione del suo ruolo di leader. Nel perorare la causa a favore degli ebrei riguardo il peccato del vitello d’oro Moshe sembra offrirsi come caprio espiatorio al posto di chi ha commesso il peccato. La risposta di D-o è rapida ed enfatica: “Chiunque abbia peccato contro di me, lo lo cancellerò dal mio libro”. Non accetterò alcun intermediario o sostituto quando si tratta di responsabilità personale. Coloro che hanno peccato devono pagarne le conseguenze. La Parashà di Tetzave è dedicata esclusivamente al tema della kehuna (sacerdozio). All’interno dei confini di questa Parasha, la Tora introduce il concetto di kehuna, delinea le istruzioni dettagliate per la modellazione delle vesti sacerdotali e illustra come avverrà l’investitura di Aharon e dei suoi discendenti nei loro ruoli eterni come Kohanim. Il concetto stesso di sacerdozio comporta il potenziale pericolo che il Kohen venga percepito, erroneamente, come un intermediario tra il popolo e D-o piuttosto che come un rappresentante dell popolo stesso all’interno del Bet haMikdash. Per chiarire che nessun leader dovrebbe mai percepire se stesso o essere percepito come un intermediario essenziale tra le persone e il loro Creatore, il nome di Moshe è omesso specificamente da Parsahat Tetzave. Intesa in questo modo, la lezione che si trae è che anche a Moshe deve essere ricordato che non può servire da intermediario tra D-o e il Suo popolo. La gravità del peccato commesso non è importante, la cosa importante è la teshuvà di ognuno.

Una spiegazione alternativa per l’assenza di Moshe in questa Parasha è offerta da alcuni Chachamim sulla base di una tradizione talmudica riguardo il roveto ardente. Lì, D-o annulla ripetutamente le obiezioni di Moshe riguardanti la sua elezione alla leadership, fino a quando, alla fine, la Torà afferma: “E l’ira di D-o si accese contro Moshe ed Egli disse: ‘Non è forse Aharon tuo fratello, il Levi? So che parlerà volentieri…. Egli parlerà per te al popolo…” Rabbì Shimon bar Yochai, notando l’ira di D-o e l’introduzione di Aharon, spiega che a questo punto Moshe perde un’opportunità in quanto era proprio lui che avrebbe dovuto essere anche il Kohen Gadol. Tuttavia, a causa della sua continua riluttanza, D-o concede questo onore a suo fratello, Aharon. Per sottolineare questa opportunità perduta, il nome di Moshe viene omesso da Parashat Tetzave che è interamente dedicata alla kehuna. Parashat Tetzave è “la Parasha di Aharon”. Riconoscendo il fatto che questo è il momento di suo fratello,

Moshe fa un passo indietro anche se è presente e svolge un ruolo essenziale. Anche Moshe, il più grande leader che il nostro popolo abbia conosciuto, a volte deve farsi da parte, per permettere agli altri di brillare. Molti sono così spinti, nella società moderna verso il successo dei figli, che li derubano della loro infanzia. Nel loro mondo pieno di impegni il tempo libero scompare e le pressioni aumentano. Mentre spingiamo i figli verso il successo personale, spesso dimentichiamo di insegnare loro le lezioni di appartenenza, di far parte di una comunità e di una società circostanti. L’assenza di Moshe in questa Parashà e il suo comportamento in Ki Tissa costituiscono un insegnamento molto importante. Il troppo amore, il cercare di vedere nei figli e negli altri una proiezione di quello che vorremmo essere alle volte non è fare il loro bene. Dobbiamo imparare quando farci da parte in modo da fare brillare il prossimo in tutta la sua capacità per il suo bene e per il bene degli altri.

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