Parashat Beshallach – Sorella canto

26/01/2024 Off Di Redazione

Dopo aver riportato il canto di “Moshe e dei figli d’Israele” sulle rive del Mar Rosso, la Torà riporta: “E Miriam la profetessa, sorella di Aharon, prese il tamburo in mano; E tutte le donne uscirono dietro a lei con tamburi e con danze. E Miriam cantava loro: «Cantate al Signore, poiché Egli è sommamente esaltato; Ha gettato in mare il cavallo e il suo cavaliere”». Sebbene Miriam sia già apparsa nella Torà, questa è la prima volta che viene menzionata con l’appellativo di profetessa. Perché qui viene chiamata specificamente “la profetessa, la sorella di Aharon”? Secondo la tradizione rabbinica anche Sara era una profetessa, tuttavia, il testo non la identifica mai come tale. Inoltre, perché Miriam non è descritta come la sorella di Moshe così come la sorella di Aharon? Qual è la natura del canto di Miriam e delle donne sulle rive del Mar Rosso? Si tratta di un inno separato, diverso da quello di “Moshe e i figli di Israele”? Se la canzone di Miriam è unica, qual è il suo messaggio?

Per quanto riguarda la designazione di Miriam come “la profetessa, sorella di Aharon”, i Chachamim offrono numerose spiegazioni. Rashi, citando il Talmud, sostiene che la capacità profetica di Miriam fu evidenziata prima della nascita di Moshe, quando era solo “la sorella di Aharon”. In quel momento, predisse: «Mia madre è destinata a dare alla luce un figlio che sarà il redentore di Israele». In alternativa, continua Rashi, Miriam viene identificata come la sorella di Aharon perché Aharon è destinato, in un secondo momento, a lottare per lei, quando Miriam viene punita con la lebbra per aver parlato male di Moshe. Il Ramban sostiene che il testo vuole garantire che tutti e tre i fratelli – Aharon, Miriam e Moshe – siano menzionati insieme alla cantica del Mare: Miriam viene quindi specificatamente indicata come la sorella di Aharon, che altrimenti non verrebbe citato. Rabbi Shimshon Refael Hirsch sostiene che Miriam occupava tra le donne la stessa posizione che Aharon occupava tra gli uomini. Entrambi agivano come emissari di Moshe, portando i suoi messaggi al popolo. Miriam viene quindi definita la sorella della sua controparte, Aharon. Questi commenti non spiegano il perché in questo contesto Miriam viene specificatamente identificata come una “profetessa”. Forse la chiave per identificare Miriam come profetessa risiede nella natura e nel significato del suo “canto”. La maggior parte dei Chachamim non nota perù alcuna differenza sostanziale tra il canto di Moshe e il canto di Miriam. Secondo il Chizkuni, che riporta una tradizione midrashica, Miriam guidava le donne in una ripetizione dell’intero testo della canzone di Moshe dopo che gli uomini avevano terminato la loro cantica.

Una lettura attenta del testo rivela però un altro possibile approccio. Solo una frase è registrata nella Torà come testo della canzone di Miriam, una sottile variazione della prima frase della cantica di Moshe. Moshe recita: “Canterò al Signore, poiché Egli è altamente esaltato; ha gettato in mare il cavallo e il suo cavaliere». Miriam recita: “Cantate al Signore, perché Egli è sommamente esaltato; ha gettato in mare il cavallo e il suo cavaliere». Non appena Miriam conclude la sua canzone, però, il testo afferma: “Vayasa Moshe et Yisrael miYam Suf, “E Moshe fece viaggiare Israele dal Mar Rosso”. Di norma, quando la Torà parla dei viaggi del popolo nel deserto, il testo afferma semplicemente, Vayisu benè Yisrael, “E i figli d’Israele viaggiarono”. Perché la Torà usa questa forma? Forse Miriam “la profetessa”, la persona che, secondo la tradizione rabbinica, fu determinante nel convincere suo padre ad andare avanti nonostante i decreti del Faraone, ora gioca un ruolo fondamentale nell’esortare gli ebrei ad andare verso il luogo della loro piena libertà?

Alla luce di questo approccio il canto di Miriam può essere immaginato come uno sprone ad andare avanti. Dopotutto, tutto ciò che è successo finora è che “il cavallo e il suo cavaliere Egli ha gettato in mare”. Abbiamo raggiunto il nostro patrimonio? D-o ci ha dato la Torà? Siamo entrati nella nostra terra? Tutte queste sfide sono ancora davanti a noi, e saranno raggiunte soltanto se ci allontaneremo dalle rive di questo Mare. In risposta al canto di Miriam, il testo racconta: “E Moshe fece viaggiare Israele dal Mar Rosso”. Comprendendo e riconoscendo il messaggio di sua sorella, Moshe costringe una nazione riluttante a terminare la celebrazione e ad allontanarsi dal mare. Mentre le fasi iniziali del viaggio della neonata nazione ebraica continuano a svolgersi, ad ogni passo vengono trasmesse lezioni eterne. La capacità di andare avanti, di celebrare senza lasciarsi paralizzare dai risultati ottenuti finora si rivelerà un’abilità fondamentale, essenziale per il nostro successo nel corso dei secoli. Questo approccio è rafforzato dall’atteggiamento di Moshe e di Miriam all’uscita dall’Egitto. Moshe, prima di uscire dall’Egitto, si preoccupa di mantenere la promessa fatta dai suoi avi di portare in Eretz Israel le ossa di Yosef. Miriam la profetessa, si preoccupa che le donne abbiano un tamburello per poter celebrare la redenzione dalla schiavitù egiziana quando questa avrà luogo .

Questi due comportamenti rappresentano un insegnamento molto importante. Dobbiamo conoscere e portare con noi il nostro passato, quello che siamo è anche il risultato di quello che abbiamo vissuto, ma dobbiamo anche guardare avanti ed essere pronti a ringraziare D-o per tutto il bene che ci dà. Solo andando avanti, solo discernendo e affrontando le nuove sfide che abbiamo davanti, per quanto dure possano essere, giorno dopo giorno, possiamo preservare il passato e allo stesso tempo proteggere il futuro.

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