Parashat Shelach – Quaranta sfumature di fallimento

16/06/2023 Off Di Redazione

La Parashà di Shelach Lecha vede il tragico fallimento della missione degli esploratori. Per la generazione che aveva lasciato l’Egitto con il sogno di entrare nella Terra Promessa, l’editto di D-o, risultato del rapporto negativo degli esploratori sulla loro missione di ricognizione di Eretz Israel, fu sconvolgente. A prima vista, la decisione di D-o di punire i Bene Yisrael per quarant’anni sembra abbastanza ovvia: “Subirai la tua punizione per quarant’anni, corrispondenti al numero di giorni – quaranta giorni – in cui hai esplorato la terra: Un anno per ogni giorno. Così saprai cosa significa contrastarMi (Bamidbar 14:34).

Tuttavia, se guardiamo sotto la superficie, rimaniamo colpiti dalla ricorrenza del numero quaranta nella Torà. Gli esploratori hanno impiegato quaranta giorni per la ricognizione di Eretz Israel. Moshe trascorse tre periodi di quaranta giorni e quaranta notti sul Monte Sinai dalla sua ascesa iniziale prima di Shavuot alla sua discesa trionfante a Yom Kippur, quando ha portato con sé la seconda serie di Tavole della Legge, senza dimenticare il Diluvio Universale che inondò la terra per quaranta giorni e quaranta notti. Due numeri ricorrono di volta in volta nella Torà e questi sono il sette e quaranta. Quest’ultimo compare anche successivamente nel Tanach, ad esempio per quanto riguarda la durata del regno di re Davide. Cosa possiamo imparare dalla ricorrenza di questo numero nella Torà?

Se ci riferiamo ai tre esempi citati e procediamo a ritroso attraverso questi eventi, arriveremo a vedere che il peccato commesso dagli esploratori (che hanno portato a peccare anche gli altri) e la punizione che hanno ricevuto sono direttamente correlati al Diluvio Universal. Per capire questa correlazione dobbiamo comprendere cosa sia stato il Diluvio: È stata la decisione di D-o di punire l’umanità per la sua caduta in disgrazia in un’esistenza così moralmente corrotta che non c’era altra scelta che, per così dire, ricreare il mondo e renderlo un luogo più abitabile. D-o avrebbe potuto usare diverse misure per mettere in atto il Suo decreto, come testimoniato dalle successive descrizioni dell’ira di D-o contro l’umanità. Sodoma fu distrutta dallo zolfo e dal fuoco, mentre l’Egitto subì ogni tipo di calamità naturali. Perché D-o in questo caso sceglie l’acqua come mezzo?

Il pensiero chassidico vede il diluvio come una sorta di mikve in cui il mondo è stato immerso per essere purificato e rinnovato. Proprio come le acque del diluvio hanno regnato per quaranta giorni, così un mikve kasher richiede 40 seà (che è l’equivalente di circa 754 litri) d’acqua. Alla fine, dopo che le acque del diluvio si erano ritirate (ci vollero altri 40 giorni perché le montagne divenissero visibili e perché Noach inviasse il corvo) e in seguito alla scomparsa della colomba, Noach e la sua famiglia misero piede sulla terraferma. L’umanità era stata purificata, il passato era stato emendato ed era tempo di ricominciare da capo. Il secondo evento richiedeva che Moshe ricevesse la Torà dopo i primi quaranta giorni (e quaranta notti) ma quando discese dal Sinai vide il peccato del Vitello d’Oro. Successivamente, gli ci vollero altri quaranta giorni e quaranta notti per implorare D-o di astenersi dalla distruzione della nazione. Ritornato per il terzo periodo di questo tipo, Moshe ha pregato a nome del popolo per la Teshuva, il pentimento (in un linguaggio molto simile a quello usato nella Parashà di questa settimana), e ha avuto successo, come testimoniato dalla decisione di D-o di dare una seconda possibilità attraverso il dono della seconda serie di Comandamenti.

Da questi dati possiamo vedere emergere uno schema di un periodo di tempo necessario affinché gli eventi, per così dire, maturino, un periodo che permetta alle persone di commettere i propri errori, provare a modificare i loro comportamenti e ricominciare da capo. I Chachamim ci insegnano che uno dei criteri affinché un uomo sia in grado di studiare la Kabalà è che abbia raggiunto l’età di quarant’anni. Nei Pirke Avot (Capitolo 5) è scritto che, una volta raggiunta questa età, si raggiunge la ‘comprensione’. Rashi spiega questa Mishna: Proprio come il corpo segue un percorso di crescita naturale, così esiste anche uno sviluppo naturale e inevitabile dell’intelletto. All’età di quarant’anni, la facoltà innata di binà di una persona, comprendere una cosa da un’altra (inferenza e deduzione). diventa completamente sviluppato. Vale a dire, il potere della comprensione inferenziale matura continuamente fino a raggiungere il suo pieno potenziale all’età di quarant’anni.’

Tornando agli esploratori e alla loro missione fallita in concomitanza con il comportamento delle persone, resta l’idea che a quel punto, sebbene mancassero potenzialmente solo undici giorni di viaggio a piedi per entrare nella terra di Israele, la loro emotività, la loro spiritualità e il loro sviluppo erano solo all’inizio. Ci sarebbero voluti quarant’anni per perchè fossero pronti ad entrare in Eretz Israel.

Come sappiamo, la vita è essa stessa un viaggio e spesso non sappiamo a quale destinazione ci condurrà. Il fatto che ci venga concesso il tempo per commettere i nostri errori, imparare da questi e diventare la migliore versione di noi stessi è di per sé una benedizione. Il modo in cui impariamo, come essere umani e come esseri viventi, è attraverso i nostri errori, attraverso i periodi più bui e meno bui. Ci viene data la possibilità di migliorare e di maturare ogni giorno. Le istruzioni per migliorarci e per progredire, per influenzare il prossimo in positivo, ci sono date dalla Torà e dalle mitzvot, dobbiamo solo cogliere l’occasione per farlo.

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