Parashat Toledot – Rosso malpelo?

17/11/2023 Off Di Redazione

Yaakov fece bollire uno stufato ed Esav arrivò dal campo ed era esausto. Esav disse a Yaakov: “Fammi trangugiare un po’ di questa roba rossa perché sono esausto”. Perciò il suo nome diventò Edom. (Bereshit 25:30). I cambiamenti di nome hanno sempre un significato profondo nella Torà. Avram diventa Avraham, Yaakov diventa Yisrael. La questione dei nomi non è mai banale. Perché dunque “Edom”?

Alla nascita di Yaakov ed Esav ci viene detto, Vayetze harishon admoni – il primo emerse rosso, interamente coperto interamente di peluria; Così, lo chiamarono Esav” (Bereshit 25:25) Rashi commenta che il rossore della sua carnagione preannunciava la sua natura omicida. Qui, fin dalla sua nascita, i capelli rossi e la carnagione di Esav preannunciano il suo carattere. Come Esav, anche re David era rosso. La sua carnagione fece temere al profeta Shemuel una tendenza allo spargimento di sangue nella sua natura, tuttavia D-o lo rassicurò dicendogli che David “… aveva degli occhi bellissimi” (Shemuel 16:12), che David avrebbe sempre seguito le decisioni del Sinedrio, che avrebbe agito come gli occhi della nazione, e avrebbe ucciso solo quando così deciso dal Sinedrio. Con Esav non era così. Il suo rossore era un segno. Tuttavia il nome Edom gli viene dato solo ora, quando torna dai campi e chiede lo stufato rosso. Una lettura più attenta dei versetti della Torà rivela che “Yaakov gli diede pane e stufato di lenticchie (rosse)”. Yaakov ha prima nutrito Esav con il pane per alleviare la sua fame. Fu solo il suo insaziabile desiderio di avere di più, dello stufato rosso, a far sì che Esav perdesse la sua eredità. Rav Feinsten commenta: “In tutte le generazioni e culture, le persone rubiconde sono state considerate più propense ad avere temperamenti violenti e, in casi estremi, persino omicidi.”

Anche la carnagione di re David ha causato una profonda preoccupazione in Shemuel Hanavi. “David, tuttavia”, spiega Rav Feinstein, “è stato in grado di incanalare il suo carattere in modo che si manifestasse solo in modi desiderabili. In effetti, era noto per la sua natura gentile e caritatevole. Fino al momento in cui chiede a gran voce lo stufato rosso non potevamo essere sicuri della persona che Esav sarebbe diventato, ma quando torna dal campo dopo una giornata di violenza è “… evidente che si era rivolto alla malvagità”. Nella sua golosità per lo spezzatino rosso, Esav mostra il suo vero “rossore”. Viene dai campi e pretende “la roba rossa” senza chiamare il piatto con il suo nome. La sua volgare richiesta di cibo acquista un rilievo ancora più acuto quando ci rendiamo conto che, come ci raccontano i Chachamim, quello era il giorno in cui era mancato suo nonno, Avraham Avinu. Esav ritorna dal campo e trova tutti che mangiano le lenticchie rotonde, tipiche di un pasto di lutto, e lamentano la loro grande perdita: “Guai al mondo che ha perso il suo leader; guai alla nave che ha perso il suo pilota”. (Bava Batra 91b) A differenza del bambino che si avvicina al tavolo del Seder di Pesach e dichiara con stupore: “Quanto è diversa questa notte rispetto alle altre notti!”, Esav non prende nemmeno nota del lutto altrui. I suoi desideri e le sue richieste fisiche devono avere la precedenza.

Lo Sforno commenta. Coloro che erano in lutto affrontarono Esav e gli assegnarono il nome dispregiativo, Edom, come per dire: “Sei così separato dai normali valori umani, così consumato dalla caccia e dal saccheggio, che guardi il cibo e ti riferisci ad esso solo per il suo colore”. ‘Versami quella roba rossa!’ Una persona come te dovrebbe essere rossa, come lo stufato che vorresti ingoiare!” Rav Feinstein aggiunge: “Da quel momento in poi, proprio come si era rivolto alla violenza come stile di vita, avrebbe cercato il rossore in ogni cosa, anche nel cibo che mangiava”. Il Talmud (Bava Batra 16b) ci informa che quel giorno in cui Esav chiese di essere nutrito, commise peccati molto più grandi, ma fu la sua richiesta di cibo a far cambiare il suo nome. Tutti mangiamo per vivere ma, poiché siamo creati a immagine di D-o, le cose necessarie all’esistenza devono avere maggiore significato. Fondamentalmente siamo creature semplici, molto simili ad ogni altra bestia del campo. La Torà è però molto chiara: Non di solo pane vive l’uomo. Esav/Edom nella sua richiesta di cibo rende chiara la sua natura vile e bestiale. Come ci comportiamo, ciò che mangiamo e come mangiamo ci distingue e ci eleva. Non c’è da meravigliarsi quindi che nello Shulchan Aruch troviamo innumerevoli halachot riguardo a come dobbiamo mangiare e bere. Queste non sono semplici istruzioni relative all’etichetta a tavola, sono i comportamenti che definiscono il nostro status come qualcosa di diverso dalle bestie. Ci guidano in modo che i nostri bisogni e impulsi più elementari siano elevati a qualcosa di più sacro.

Chi è così spinto dalla fame da non riuscire nemmeno a vedere il cibo nella sua interezza, vedendo solo il suo colore, è qualcuno che non ha alcun controllo sui propri bisogni e desideri animali. Chi riesce a riflettere e mantenere la propria natura sacra anche nel soddisfare bisogni fisici come mangiare, dimostra che i suoi impulsi sono sotto controllo. Al contrario, il pericolo che corre chi diventa schiavo del cibo e sente un disperato bisogno di indulgere nei suoi desideri fisici, rischia di divenire come Esav.

Il comportamento di Esav rappresenta un insegnamento importante anche oggi. Perfino in Esav, personaggio con chiare connotazioni negative, Yitzchak vedeva un potenziale per il bene. Ognuno di noi nasce con determinate potenzialità, per quanto “rossi” possiamo essere. Sta a noi utilizzare le nostre potenzialità al meglio per la nostra crescita personale, per il nostro bene e per il bene della nostra società.

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