Parashat Vayishlach – Lottare per essere se stessi

09/12/2022 0 Di Redazione

La scorsa settimana abbiamo letto di Yaakov, che risiedeva a Charan dove sposò Lea e Rachel e ebbe 11 figli e una figlia. Abbiamo seguìto la sua fuga mentre Lavan lo inseguiva. Nella Parashà di questa settimana, Vayishlach, troviamo Yaakov che continua il suo cammino verso Canaan, incontra suo fratello Esav e fa pace con lui, quindi affronta i Cananei ed è costretto a separsi dalla sua amata moglie Rachel che muore durante la nascita del loro dodicesimo figlio, Binyamin. Alcune ore prima dell’incontro con Esav, nel cuore della notte, Yaakov portò in fretta la sua famiglia oltre il fiume che scorre dal lato orientale del Giordano. Quando rimane solo sulla sponda settentrionale del fiume, Yaakov vive un incontro misterioso e violento, con qualcuno che non voleva identificarsi. “E Yaakov rimase solo, e un uomo lottò con lui fino all’alba” (Bereshit 32:25).


Quando l’alterco finìsce, Yaakov chiede di conoscere il nome dell’uomo misterioso. La risposta dell’uomo è: “Perché chiedi il mio nome?” Questa risposta ci insegna, sulla base di parallelismi nella Torà, che non si tratta di una persona comune, ma di qualcosa di un altro mondo: Un angelo. I saggi del Midrash spiegano che si trattava di una rappresentazione spirituale di Esav, il suo “ministro” o angelo. Perché Yaakov si è trovato in questa lotta? Cosa insegnò a Yaakov questo incontro con l’angelo solo poche ore prima del suo incontro con suo fratello maggiore, Esav?
Per provare a dare una risposta dobbiamo provare innanzitutto ad immedesimarci nello stato emotivo di Yaakov in quella notte. Era sicuramente molto spaventato perché sapeva che suo fratello Esav lo odiava e voleva ucciderlo. Yaakov era così spaventato che arrivò a dividere il suo accampamento in due in modo che almeno metà della famiglia potesse essere salvata. Yaakov sapeva che c’erano buone possibilità che il giorno seguente suo fratello avrebbe massacrato lui e la sua famiglia. Temeva di andare incontro a una probabile tragedia.


Nel versetto è scritto: “Un uomo cominciò a lottare con lui.” L'”uomo” era un angelo che aveva assunto la forma di un essere umano. L’angelo, il potere protettivo di Esav, era venuto per impedire a Yaakov di fuggire da Esav. Il Rashbam scrive che l’angelo si rese presto conto che le rassicurazioni di D-o a Yaakov erano abbastanza forti da proteggerlo dall’essere danneggiato da Esav.  Troviamo risposte identiche a questo incontro particolare nelle parole di due commentatori del Medioevo, Rav Avraham Ibn Ezra e Rav David Kimhi, noto come il Radak. Entrambi forniscono una risposta interessante da cui possiamo imparare molto. Lo scopo del violento incontro tra Yaakov e l’angelo era, secondo Ibn Ezra e il Radak, rafforzare il suo spirito. Dopo aver lottato con l’angelo ed essere sopravvissuto, Yaakov si rese conto che la situazione non era poi così orribile. Aveva la forza di lottare, anche contro un angelo, di uscirne vittorioso, e, anche se si è allontanato da quell’alterco zoppicando, è rimasto vivo. Yaakov lo capì la mattina dopo l’alterco. Ma cosa provava la notte quando quella persona misteriosa lo combatteva? Yaakov ha combattuto contro questo “uomo” per tutta la notte. È stata una notte lunga, ma quando apparve la luce dell’alba, Yaakov capì che era tutto a suo vantaggio, per infondere coraggio e fiducia in vista del suo incontro con Esav.


Possiamo trarre un ulteriore insegnamento dalla parola usata per descrivere questa lotta, Vayeavek. La radice di questa parola è la stessa di una parola apparentemente non correlata, torcia, Avukà. Quale possibile connessione può esserci tra queste parole? I Chachamim spiegano che Yaakov ed Esav rappresentano rispettivamente lo spirituale e il materiale, il corpo e l’anima che sono in costante guerra. Ognuno cerca di attirare l’altro verso ciò che apprezza, il corpo verso il materialismo, l’anima verso la spiritualità. Il corpo e l’anima si abbracciano, sono vicini l’uno all’altro come possono esserlo due entità. Attraverso l’uso di un’unica radice, la Torà ci insegna qual è lo scopo dell’incontro tra corpo e anima. L’obiettivo non è cancellare gli aspetti materiali e i piaceri dalla propria vita, ma di creare una torcia composta da molte candele unite insieme. Per creare luce spirituale l’anima non deve ritirarsi dal mondo, ma deve invece abbracciare il mondo materiale, deve fondere il materiale in una torcia di luce. Deve usare gli oggetti ed i piaceri del mondo materiale come strumento per diffondere la luce spirituale. Deve usare le benedizioni materiali che ha e fonderle in una torcia che produce luce, calore e ispirazione per illuminare il mondo.


A volte ci troviamo in situazioni difficili sotto l’aspetto finanziario, sanitario o sociale, ci sentiamo schiacciati dalla realtà e sentiamo di non avere vie di fuga. La storia di Yaakov ci insegna che anche le situazioni disperate possono rivelarsi alla fine delle prove il cui scopo era rafforzarci e migliorarci. Quello che dobbiamo imparare e che dobbiamo interiorizzare è che solo la fede in D-o ci permette di vedere oltre l’orizzonte, ci permette di vedere la luce alla fine del tunnel, anche quando quella luce è ancora nascosta. Anche nei momenti più bui, dobbiamo cercare di vedere il bene. La notte di Yaakov, come le nostre notti personali, può risultare lunga e difficile, ma alla fine siamo certi che l’alba arriverà facendo luce sulla realtà e permettendoci di scoprire quanto le prove cui siamo stati sottoposti siano prove che sono alla nostra portata, prove che ci permettono di crescere e di migliorare noi stessi e, di riflesso, chi ci sta intorno.

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