Parashat Vayelech – Garantire la continuità

02/10/2019 0 Di Redazione

Mentre la vita di Moshè volge al termine, bisogna affrontare alcune delle questioni pratiche; una di queste è il problema della successione. “E Moshe chiamò Yehoshua e gli disse agli occhi di tutto Israele: ‘Sii forte e coraggioso poiché tu andrai con questo popolo nella terra che D-o ha giurato ai loro padri di dare loro; e li farai ereditare. D-o stesso ti precede; Sarà con te, non ti deluderà né ti abbandonerà. Non abbiate paura della trepidazione. (Devarim 31: 7-8). Moshè non guiderà più il popolo, Yehoshua prenderà la leadership. Questo messaggio fa eco più volte, quando D-o parla per la prima volta in questo libro: “E D-o disse a Moshè: ‘Ecco, il giorno della tua morte si avvicina; chiama Yehoshua e presentati nella tenda dell’incontro, affinché io possa incaricarlo.” E Moshè e Yehoshua andarono e si presentarono nella tenda dell’incontro. E D-o apparve nella tenda in un pilastro di nuvola; e il pilastro di nuvola stava sopra la porta della tenda”. (Devarim 31: 14-15). La narrazione sembra logica: la vita di Moshè e la sua missione stanno finendo e D-o sta per soddisfare la richiesta di Moshè di nominare un successore in modo che la nazione non sia “come un gregge senza pastore”. La narrazione poi viene interrotta e viene trasmessa una nuova legge, l’hakhel. Varie leggi vengono insegnate in Devarim per la prima volta, anche se il libro ripete in gran parte le leggi trasmesse precedentemente nella Torà. Oltre alle nuove leggi e alle leggi ripetute, ci sono delle leggi che erano state insegnate in precedenza e vengono ribadite, con elementi aggiuntivi come la legge di hakhel.
Moshè, proprio perché la sua vita è quasi alla fine assume il compito di scrivere la Torà, fino a quel momento trasmessa oralmente, e di consegnarla ai kohanim e agli anziani, a cui viene affidato il compito di educare la nazione. Il verso successivo, che “interrompe” la narrazione, ci parla di un aspetto della shemità (anno sabbatico) con cui non abbiamo familiarità: sebbene le leggi della shemità siano state insegnate in modo molto dettagliato nel Libro di Vayikra, qui, nel discorso di separazione di Moshè 38 anni dopo, viene introdotto un nuovo elemento, l’ hakhel: la legge di hakhel prevede che alla fine dell’anno sabbatico la nazione debba essere raccolta e la Torà letta loro dal re. Perché “interrompere” la narrazione relativa alla successione di Yehoshua con la legge di hakhel? La Shemità potrebbe essere la quintessenza della “legge della Terra di Israele”; riguarda la società agricola che verrà istituita quando gli ebrei arriveranno nella Terra Promessa ed è applicabile solo all’interno dei confini della Terra di Israele. Logico che questa legge venga insegnata a coloro che presto entreranno in Israele. Perché l’hakhel è stato “lasciato fuori” fino al discorso finale di Moshè?
Consideriamo la narrazione, la storia della successione di Moshè. Come capo del popolo, Moshè era il diplomatico che negoziava con il Faraone, ma era anche un combattente per la libertà che portò il popolo ebraico a cercare la propria liberazione spirituale e fisica. Allo stesso tempo, era il liberatore e il garante della legge. Fu lui che salì sul Sinai e portò le Tavole della Legge sulla terra. Moshè insegnò la legge, giudicò i trasgressori ma fu lui a proteggere il popolo dalla rabbia di D-o quando trasgredirono. Sostituire Moshè non era facile. Yehoshua potreva essere in grado di guidare la nazione in battaglia, era un compito che aveva già svolto. Avrebbe potuto condurli nella Terra Promessa, come guida – con l’assistenza di D-o. Quando Moshè muore e Yehoshua prende la successione, la Torà sottolinea a fondo questo vuoto. La soluzione al nostro problema sta nel significato sottostante l’hakhel. Il Rambam spiega che l’essenza dell’hakhel è esperienziale: quando l’intera nazione si riunisce e ascolta la Torà letta dal loro leader, ricorda l’esperienza sul monte Sinai. Il raduno dell’intera nazione per ascoltare la Parola di D-o sarà “l’esperienza della rivelazione” per ogni generazione successiva.
Il radunare la nazione e la comunità ha una funzione molto importante. Oggi non abbiamo un re che legga la Torà in pubblico ma abbiamo diverse occasioni per vivere, nel nostro piccolo, la rivelazione divina come vissuta dai nostri avi. Le tefillot sono occasione di partecipazione, introspezione e condivisione importantissime. Questo, insieme agli incontri comunitari, contribuiscono all’unità del popolo ebraico e alla sua continuità.

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